7 Motivi per cui i tuoi investimenti non rendono come dovrebbero

In questo articolo si analizzeranno gli sbagli più comuni che si compiono in tema di gestire dei risparmi.     Sottovalutazione dell’inflazione: a volte la scelta più facile per il nostro cervello, come ad esempio mettere i soldi su un conto deposito, può causare perdite significative per i nostri risparmi: al tasso nominale netto del conto deposito, va sottratta l’inflazione. Il risultato che conta veramente, è il tasso reale cioè il tasso del conto deposito netto defalcato dell’inflazione. È noto che i risparmiatori italiani accumulino i soldi sul conto corrente, spesso e volentieri rinunciando ad investire per paura e/o ignoranza. Questo comportamento, rischia di essere 3 volte contro-produttivo:   la liquidità viene erosa dall’inflazione; mancato rendimento degli investimenti non fatti; non si sfrutta il meccanismo dell’interesse composto (percepire interessi sugli interessi).   Rischio tassi alti: in un contesto di tassi alti, c’è il rischio di sottovalutare il rischio sottostante. Rendimenti elevati potrebbero essere il riflesso di una probabilità maggiore di insolvenza dell’emittente.In questo contesto è facile investire a brevi scadenze con rendimenti del 3,5%- 4%, ma così facendo alla loro scadenza sarà difficile ottenere rendimenti interessanti: sarebbe meglio allungare le scadenze per garantirsi tassi elevati più a lungo.   Emotività che prende il sopravvento sulla razionalità: in momenti di forte volatilità, in caso di una gestione non professionale dei risparmi, diventa molto difficile mantenere sotto controllo l’emotività. Quando si cede alla tentazione di liquidare tutto per aspettare tempi migliori, si realizzano perdite che difficilmente potranno essere recuperate. L’esperienza dimostra che i periodi critici sono seguiti da fasi con recuperi significativi; uscire dal mercato, può danneggiare profondamente i rendimenti, sia perché si rischia di vendere ai minimi, ma anche perché si rischia di perdere l’occasione di guadagnare dai mercati in ripresa. Il contesto geopolitico e inflazionistico che stiamo vivendo potrebbe sembrare unico nella storia, invece andando a ritroso nella storia, potremmo constatare che ci sarebbe sempre stato un motivo critico per non investire. Se guardiamo ai numeri, negli ultimi 50 anni, l’indice azionario globale Msci world ha generato un rendimento annualizzato dell’8,3% (superando tutte le criticità del mondo e dei mercati dell’ultimo mezzo secolo). La storia e i numeri dimostrano che, chi non si lascia prendere dall’emotività e lascia in essere i propri investimenti sia nei momenti più bui che in quelli più rosei, sarà premiato per la propria pazienza.  Se analizziamo i mercati ribassisti, cioè quelli cha hanno un calo superiore al 20% dei prezzi, sono emotivamente impegnativi, ma sono anche stati di breve durata rispetto alla crescita di lungo termine dei mercati azionari globali. Sempre negli ultimi 50 anni, il mercato toro dell’azionario globale (aumento superiore del 20% dei prezzi) ha generato un rendimento del 224% ed è durato circa 5 anni e mezzo in media; mentre il mercato ribassista medio è durato poco più di un anno e la perdita media è stata del 33%. Al fine di evitare di fare errori penalizzanti, diventa utile darsi delle regole: non perdere di vista gli obiettivi di lungo periodo ed evitare di prendere decisioni presi dell’impulsività e sull’imitazione dei comportamenti altrui. Inseguire il market-timing: ognuno pensa di poter essere più furbo del mercato e di comprare quando i prezzi sono bassi e di vendere quando sono alti. Questo è assolutamente utopistico!    È dimostrato che entrare in ritardo, anche di poco, in un mercato rialzista può avere un impatto negativo sui rendimenti e allo stesso modo si verifica anche in caso di uscita dal mercato.    Nel mondo degli investimenti ciò che realmente conta è il tempo e non il timing. Ritirare i propri risparmi nelle fasi di ribasso significa che se non si riesce a reinvestire al momento giusto non si potrà godere dei vantaggi della ripresa. Considerando che alcune delle sedute peggiori e migliori del mercato tendono a verificarsi a breve distanza l’una dall’altra, indovinare i momenti di ingresso e di uscita diventa assolutamente difficile anche per gli investitori professionali, figuriamoci per i risparmiatori. Se si perdono alcune giornate negative è probabile che si perdano anche quelle positive. Dal 1980, 12 dei 20 giorni migliori sui mercati finanziari si sono verificati in anni con ritorni negativi, mentre 6 dei 20 giorni peggiori si sono verificati in anni con ritorni positivi.             Se prendiamo ad esempio l’indice azionario italiano FtseMib, negli ultimi 10 anni, rimanendo costantemente sul mercato, il rendimento è stato dell’8,5%, mentre perdendo i 10 giorni migliori sarebbe del 2,9%; si arriva ad un rendimento negativo annuo del 7% per chi avesse perso i 40 giorni migliori.    Alla luce di questi dati, l’investitore è saggio quando si attiene a una strategia ben pianificata nel lungo termine.  Mancanza di diversificazione: uno tra gli errori maggiormente commesso è l’home bias; le vittime di questa trappola comportamentale sono portate a concentrare il proprio portafoglio su prodotti domestici oppure su strumenti già conosciuti, in quanto considerati familiari e di conseguenza più sicuri. Il rischio è quello di tralasciare le opportunità che le altre asset class offrono sia in termini di rendimento che di diminuzione del rischio.    Un errore molto comune è la concentrazione negli investimenti, ossia la mancanza di diversificazione. Non si può ignorare l’esigenza di investire per il proprio futuro in molteplici asset class con finalità previdenziali o di protezione del proprio patrimonio (anche immobiliare).   È fondamentale evitare di puntare tutto su un singolo titolo o su un singolo settore, sia che sia un titolo di stato oppure nel caso di un singolo titolo azionario.    Un occhio al passato: la scelta di uno strumento finanziario in funzione dei risultati storici ottenuti dallo stesso, è un altro degli errori maggiormente commessi dai risparmiatori. Le logiche che 15 anni fa hanno guidato un investitore a scegliere una determinata strategia o un determinato strumento non possono e non devono essere le stesse che possono guidarlo oggi: il contesto di mercato è cambiato strutturalmente. Per fare alcuni esempi, la globalizzazione sta venendo meno a causa del contesto geopolitico attuale e si va verso un concetto di de-globalizzazione; l’inflazione

L’errore più ricorrente per i risparmiatori

La ricerca del market timing, cioè cercare di indovinare quale sia il momento migliore per entrare e uscire dai mercati finanziari.   É quella sensazione di pensare o sperare di essere più furbi del mercato e quindi degli altri.   Beh, ho la presunzione di svelarvi un segreto: nessuno può riuscirci in maniera sistematica, è solo una questione di fortuna.   Certo, c’è un detto che dice: “meglio nascere fortunati che ricchi!” e i detti non sbagliano mai; ma tu vorresti affidare i tuoi risparmi di una vita alla fortuna oppure pensi sia più saggio affidarti a un metodo, possibilmente analitico?   C’è uno strumento molto semplice e intuitivo che dimostra nell’immediato perché sia preferibile rimanere investiti costantemente sui mercati piuttosto che ricercare “il momento giusto”: la tavola periodica dei rendimenti degli investimenti di Callan.   Non è altro che una tabella che rappresenta graficamente i rendimenti annuali di 9 asset Class, classificate dalla migliore alla peggiore dove ad ogni classe è associato un colore. È stata creata nel 1999 da Jay Kloepfer. La sua caratteristica principale è quella di poter esser compresa a colpo d’occhio e di aiutarci nell’affrontare alcuni ragionamenti, tra i quali:   ✔️ le classifiche non sono sempre le stesse e ogni anno cambiano; pertanto possiamo capire meglio il concetto di diversificazione: comprando più asset Class diminuisce il nostro rischio;   ✔️  i rendimenti passati non sono garanzia di quelli futuri e quindi il fatto che in un anno, una determinata asset Class abbia performato meglio rispetto alle altre, non è garanzia del fatto che possa ripetersi;   ✔️ l’asset che costantemente consente di battere l’inflazione nel medio-lungo termine è l’azionario globale;   Se vuoi investire i tuoi risparmi con metodo, evitando di incappare in errori comuni, non esitare a contattarmi.

I Trentenni Andranno in Pensione a 70 Anni, lo Dice l’Inps

Chi ha 30 anni oggi, dovrà aspettare di aver compiuto 70 anni prima di poter accedere alla pensione di vecchiaia.   Non è una mia opinione o una mia presupposizione, ma sono i risultati che arrivano dalle simulazione del calcolatore «Pensami – Pensione A Misura» dell’Inps, uno strumento utile per fare una simulazione della personale situazione pensionistica futura e che aiuta a sapere, tra le altre cose, anche se si può accedere alle varie opzioni presenti nella legge di bilancio 2023 (opzione donna, pensione anticipata flessibile) e con quale gap previdenziale rispetto alla pensione “ordinaria”.   Oggi, la pensione di vecchiaia (legge Fornero) ha 3 requisiti:   minimo di 67 anni di età; aver versato almeno 20 anni di contributi; importo della pensione deve essere almeno una volta e mezzo l’assegno sociale, che oggi ammonta a 503€ (quindi superiore a 755€).   Per la pensione di vecchiaia, la nuova legge di bilancio elimina il limite di 1,5 volta l’ammontare della pensione sociale, ma alza i requisiti per la pensione anticipata: almeno 20 anni di contributi e 3,3 volte l’assegno sociale (da 1.400€ circa a 1.510€).   In questo contesto, sarà molto difficile per i giovani, che hanno carriere che iniziano tardi, che sono spesso discontinue e i cui salari sono spesso bassi, pensare alla pensione anticipata; sarà necessario utilizzare quella di anzianità.   Il corriere della sera ha utilizzato il simulatore per un 30enne, dipendente del settore privato,  che ha iniziato a lavorare a 24 anni.Potrà accedere alla pensione anticipata a 67 anni solo se avrà versato almeno 20 anni di contributi e se l’ammontare del sua assegno pensionistico fosse superiore all’assegno sociale di 3,3 volte: ricordando che il calcolo delle pensioni sarà esclusivamente contributivo e non retributivo (scordiamoci le pensioni dei nostri padri e/o dei nostri nonni), potrà riuscirci solo in caso di stipendi medi molto elevati, altrimenti sarà costretto ad andare in pensione più tardi, facendo passare altri anni.   Dal calcolo del simulatore Inps, potrà accedere alla pensione di vecchiaia a 70 anni e 2 mesi e almeno 20 anni di contributi.   Alla luce di tutto questo, urge la necessità di costruirsi una pensione alternativa a quella pubblica e gli strumenti non mancano di certo: potresti scegliere di farlo attraverso un fondo pensione (scelta più efficiente dal punto di vista fiscale) oppure attraverso pac su fondi e/o etf, oppure acquistando immobili da poter affittare (ma hai già il capitale per farlo?), ma l’importante è che lo si faccia.Se lo si fa da giovani significherà fare sacrifici minori: potrebbero bastare pochi euro al giorno per colmare il gap previdenziale.   Se vuoi una consulenza in merito, non aspettare a contattarmi!

Comprare Casa Oggi: Siamo Sicuri che Non Convengano Prima un Paio D’anni di Affitto?

La situazione attuale dei tassi di interesse è ai massimi storici mentre 2 anni fa era ai minimi, minimi che probabilmente non rivedremo mai più!   Da uno studio di Nomisma si evince che ci sono circa 500.000 famiglie che si ritrovano una rata che pesa per oltre la metà del reddito; l’ammontare totale di questi mutui è stimata per circa 60 miliardi di euro.L’impatto del rialzo dei tassi che abbiamo vissuto negli ultimi 2 anni, sarà negativo soprattutto sulle fasce medio-basse di reddito cioè per i nuclei con 40.000€ lordi di reddito. Il mercato dei futures sconta che i tassi restino alti ancora per diversi trimestri per poi, gradualmente, scendere con il tasso BCE a dicembre 2025 dato al 2,6%. L’aspetto problematico è che si tratta di situazioni la cui prospettiva nel breve non potrebbe migliorare con eventuali surroghe (oggi i tassi sono comunque superiori al 4%).Lo scenario di tassi alti per più tempo, come dichiarato dalle varie banche centrali, rischia di far saltare diversi contratti nei prossimi mesi. Le banche hanno facoltà di avviare la procedura di esecuzione dell’immobile dopo 6 rate non pagate; il passo successivo diventa quello dell’asta immobiliare. Per il 2024 si prevede infatti, un aumento del 10% delle aste rispetto all’anno precedente, un numero compreso tra le 160 e le 180 mila. Inoltre, negli ultimi 20 anni un quarto del mercato dei mutui è fatto da finanziamenti che pesano oltre l’80% del valore della casa.Nel 2022 l’ammontare erogato per immobili con elevato Loan to Value, ha superato gli 8 miliardi di euro (8,2); a seguito del rialzo dei tassi, nei primi 9 mesi del 2023 la conseguenza è stata una diminuzione del 15% del numero di compravendite immobiliari, con un’ammontare du di mutui HLTV (High Loan to Value) intorno ai 5 miliardi (il 35% in meno). Alla luce di tutto ciò, una domanda che spesso i miei clienti mi fanno è se sia conveniente oggi comprare un immobile o se invece, convenga aspettare.La risposta non è immediata ed è oggetto di profonde valutazioni e, ovviamente, dipende da caso per caso. Facendo un’analisi di carattere generale però, si possono fare i seguenti calcoli:   ogni 100.000€ di mutuo con durata di 25 anni, al tasso medio di oggi del 5% si pagherebbero circa 75.000€ di interessi. Se, come prevede il mercato oggi, a fine 2025 i tassi dovessero essere intorno al 3%, si pagherebbero circa 42.000€, ben 33.000€ in meno. Se a questo aggiungiamo che c’è un accesso al credito più difficoltoso e un numero maggiore di immobili che andranno all’asta, ci troveremo di fronte ad un mercato in cui ci sarà un’eccesso di offerta rispetto alla domanda e, come logica conseguenza delle leggi di mercato, i prezzi tenderanno ad abbassarsi. Pertanto, portando a titolo di esempio l’acquisto oggi di un immobile di 200.000€ con 150.000€ di mutuo (escludendo agenzie immobiliari, costi notarili, e eventuali lavori di ristrutturazione), andremmo a pagare complessivamente la nostra casa circa 302.000€, 200.000€ prezzo casa+ 75.000*1,5 (150k di mutuo anziché 100k). Ipotizzando un calo anche solo del 5% sul prezzo dell’immobile, quindi un prezzo di 190.000€, andremmo a pagare complessivamente 253.000€, 190.000+42.000*1,5 (150k di mutuo anziché 100k).Praticamente tra 2 anni potremmo pagare la stesso tipologia di casa 50.000€ in meno! Quanti anni di affitto ci pagheremmo? Ma quando vai in banca per chiedere il mutuo, o quando lo chiedi al tuo consulente, questi calcoli te li fa?Trova la differenza tra essere seguito da un professionista di valore oppure no!

QUANTO È RISCHIOSO INVESTIRE? PARTE 1

Il rischio è una variabile fondamentale in materia di investimenti.   Ogni individuo è infatti caratterizzato da una specifica propensione al rischio finanziario, che rappresenta il livello di tolleranza individuale alla possibilità che il valore del proprio investimento possa oscillare più o meno sensibilmente nel corso del tempo.   Nel momento in cui decidiamo di investire sui mercati finanziari, dobbiamo tenere conto di questo fattore e scegliere lo strumento che meglio si adatta alle nostre preferenze e alle nostre esigenze finanziarie.   Per meglio valutare la propensione al rischio e compiere scelte coerenti, è quindi utile approfondire il concetto di rischio, le modalità di misurazione del rendimento e il rapporto esistente tra questi due fattori. In campo finanziario, il rischio è l’incertezza legata al valore futuro di un’attività o di uno strumento finanziario o, più in generale, di un qualsiasi investimento.   Un’attività patrimoniale si definisce rischiosa se il flusso monetario che produce è almeno in parte casuale, cioè non è conosciuto in anticipo con certezza. Un titolo azionario è un classico esempio di attività rischiosa: non si può sapere se il prezzo aumenterà o diminuirà nel tempo, né se la società che lo ha emesso pagherà periodicamente i dividendi.   Per quanto i titoli azionari siano considerati attività rischiose per eccellenza, in realtà ne esistono molte altre.   Nel caso dei titoli obbligazionari, la società emittente potrebbe fallire e non restituire il capitale o corrispondere gli interessi ai sottoscrittori. Gli stessi titoli di Stato che maturano a 10 o 20 anni sono rischiosi: per quanto sia fortemente improbabile che il governo di un paese industrializzato vada in default (cioè non sia in grado di pagare quanto dovuto), il tasso d’inflazione può aumentare inaspettatamente, riducendo il valore reale degli interessi e del capitale restituito alla scadenza, e dunque il valore del titolo.   Un’attività priva di rischio o risk-free garantisce un flusso monetario certo. I titoli di stato a breve termine dei paesi più avanzati (come i Treasury Bill americani o i BOT italiani) sono privi o quasi di rischio. Giungendo a scadenza nel volgere di pochi mesi, il rischio legato a un aumento inatteso dell’inflazione è esiguo, e si può essere ragionevolmente certi che il governo non mancherà di corrispondere alla scadenza il capitale e gli interessi. Altri esempi di attività risk-free sono i depositi bancari a vista e i certificati di deposito a breve termine. Perché siamo avversi al rischio? In base al concetto di avversione al rischio gli individui mal sopportano gli eventi negativi, più di quanto apprezzino eventi positivi equivalenti. Per spiegare questo concetto, supponiamo di trovarci di fronte a questa opportunità: si lancia una moneta; se esce testa, si perdono 1000 euro; se esce croce se ne vincono altrettanti.   Accettereste la scommessa? Se siete avversi al rischio, molto probabilmente no. Per un individuo avverso al rischio, infatti, il danno che deriva dalla perdita di 1000 euro è superiore al beneficio di vincerne altri 1000. Per spiegare razionalmente un così diffuso comportamento istintivo, gli economisti hanno sviluppato un modello dell’avversione al rischio ricorrendo al concetto di utilità, cioè alla misura individuale soggettiva del benessere o della soddisfazione.   A ogni livello di ricchezza corrisponde una determinata misura di utilità, che decresce progressivamente all’aumentare della ricchezza stessa. Questo significa che all’aumentare della ricchezza, diminuisce l’utilità di un euro di ricchezza in più. A parità di ricchezza iniziale, quindi, la minore utilità che deriva dalla perdita di 1000 euro è superiore alla maggiore utilità apportata da una vincita di 1000 euro. Ecco spiegato perché gli individui sono generalmente avversi al rischio. Per descrivere in modo accurato la nozione di rischio e analizzare le metodologie adottate per calcolarlo è necessario approfondire tre concetti fondamentali: probabilità, valore atteso e variabilità.   Probabilità È la misura del possibile verificarsi di un determinato esito. La nostra interpretazione della probabilità può dipendere dalla natura dell’evento aleatorio, dalla valutazione che ne danno le persone che vi sono coinvolte, o da entrambi. Un’interpretazione oggettiva della probabilità si basa sulla frequenza con cui certi eventi tendono a verificarsi.   In mancanza di esperienze passate su cui basare la stima delle probabilità, non è possibile pervenire a una misura oggettiva; in quel caso, occorre affidarsi a valutazioni soggettive. La probabilità soggettiva è la percezione individuale del possibile verificarsi di un evento. Tale percezione può basarsi sul giudizio del singolo o sull’esperienza, ma non necessariamente sulla frequenza con cui l’evento si è verificato in passato.   Quando le probabilità sono determinate soggettivamente, la probabilità associata a un evento varia da individuo a individuo; pertanto, individui diversi possono compiere scelte diverse. Per esempio, se le esplorazioni petrolifere avvenissero in un’area precedentemente inesplorata, noi potremmo attribuire al successo una probabilità superiore a quella che gli attribuiscono altri, forse perché conosciamo più approfonditamente il progetto, o perché siamo esperti del settore petrolifero e possiamo sfruttare meglio le informazioni di cui disponiamo.   Che si tratti di informazioni diverse o di diverse competenze nell’elaborare le stesse informazioni, le probabilità soggettive variano da un individuo a un altro. Indipendentemente dall’interpretazione, la probabilità è usata poi per calcolare due importanti parametri che ci permettono di descrivere e confrontare situazioni rischiose: il valore atteso e la variabilità dei possibili esiti. Valore atteso È la media ponderata dei valori associati ai possibili esiti (payoff), calcolata usando come pesi le rispettive probabilità. Il valore atteso misura quindi la tendenza centrale, cioè il payoff che ci aspetteremmo in media. Definendo la “probabilità di” con Pr, possiamo esprimere il valore atteso come:Valore atteso = Pr(successo)x(valore associato al successo)+ Pr(fallimento)x( valore associato al fallimento).   Un esempio: supponiamo di acquistare un’azione di una società. Se questa società venisse acquistata da un grande gruppo straniero, potremmo realizzare un guadagno di 0,40 euro; in caso contrario, il nostro guadagno sarà di soli 0,20 euro.Se valutiamo la probabilità dell’acquisizione al 25 per cento, pari a 1/4, avremo un valore atteso di (1/4)( 0,40 euro)+(3/4)( 0,20 euro)=0,25 euro.   Variabilità È la misura in cui i possibili esiti di un evento incerto differiscono.   Per capire l’importanza di questo concetto, supponete di dover scegliere se investire 10.000 euro in due titoli azionari con la stessa remunerazione attesa (1.500 euro). Il titolo azionario A è emesso da una società nuova, con un

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