Riscatto anni di laurea: conviene, ma solo all'INPS!!!

In questi ultimi giorni si è sentito spesso parlare di riscatto degli anni di laurea. Questo perché il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon e il viceministro all’Economia, Garavaglia hanno lavorato al maxi-decreto che prevede la possibilità fino a 45 anni di poter richiedere il riscatto degli anni di laurea facendo finire nel montante contributivo anche questi versamenti volontari ai fini del calcolo per l’assegno pensionistico.

Verrebbe da pensare che, essendo i conti dell’Inps notoriamente in difficoltà, stiano cercando di racimolare più soldi possibile per cercare di salvare uno schema Ponzi che, nel caso in cui non venga adeguatamente rivisto e modificato, prima o poi sarà destinato a saltare.

Ma torniamo al riscatto di laurea: questa possibilità, oltre che per l’Inps, è realmente conveniente anche per noi contribuenti? Partiamo dal vedere quanto costa: l’agevolazione prevede una spesa di poco superiore ai 5.000€ per ogni anno di cui si chiede il riscatto.

Facciamo l’esempio di un lavoratore dipendente di 30 anni che ha la possibilità di riscattare una laurea magistrale (5 anni) potendo versare oltre 25.000€ per aggiudicarsi un quinquennio di anzianità contributiva. Tralasciando il fatto che a 30 anni le esigenze della vita possano essere ben altre e che se si potesse aver la possibilità di risparmiare oltre 5.000€ gli obiettivi sarebbero molto più a breve termine, come ad esempio acquistare una casa in cui vivere o investire nella propria attività per farla crescere, vale la pena calcolare quanto potrebbero fruttare 25.000€ investiti nell’arco di 35 anni anziché “riscattare” gli anni di laurea all’INPS.                                    Visto che stiamo parlando di “Pensione” facciamo un confronto con un PIP (piano individuale pensionistico). Innanzitutto, i versamenti volontari ai fondi pensione prevedono la possibilità di sfruttarne la deducibilità; ma che cosa è la deducibilità? E’ la possibilità di abbattere l’ammontare del proprio reddito imponibile, potendo così pagare meno tasse, il tutto legalmente. Tornando all’esempio del 30enne lavoratore dipendente, se questo avesse un aliquota media del 30% si ritroverebbe nella propria busta paga di luglio un rimborso IRPEF pari al 30% dei 5.000€ versati, ossia 1.500€ per ogni anno di versamenti per un totale di 7.500€.

fondi-pensione_1217jpgInoltre il nostro fondo pensione, che avremo personalmente scelto dopo aver controllato il rapporto costo/rendimento, avrà nel corso di questi 35 anni dei rendimenti. Ragionando su un rendimento medio plausibile del 4% annuo, e considerando la capitalizzazione composta, avremo un montante complessivo di 91.350€; dovendo  decurtare la tassazione sul rendimento prenderemo in considerazione un’aliquota sintetica del 15 % (12,50% sulla componente dei titoli di stato o equiparati e 20% sul restante); la nostra plusvalenza che sarà di 66.350€ (91.350-25.000) sarà decurtata di 9.952,50€, rimanendo con un montante contributivo di 81.397,5€. Sull'importo versato avremo una tassazione del 9% cioè 2.250€ rimanendo con un capitale netto di 79.147,50€.

Ricapitolando, avremo risparmiato 7.500€ di imposte e visto crescere il nostro capitale di 54.147,50€ per un  guadagno complessivo di 61.147,50€.

E’ vero, avremo 5 anni di anni contributivi in meno, ma quello che non tutti forse sanno è che dai fondi pensione è prevista la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA), ossia i lavoratori che fanno ricorso a forme di previdenza complementare possono riscuotere le somme con un anticipo di 5 anni sotto forma di rendita godendo di una tassazione agevolata. Ergo, i 5 anni mancanti potremmo andare a recuperarli dal nostro fondo pensione sottoscritto al posto del riscatto degli anni di laurea, dividendo i 79.147,50€ per i 60 mesi, ossia 1.319€ al mese per i 5 anni mancanti.

Siamo così sicuri che l’INPS ci darebbe 1.319 euro di pensione netta in più per 5 anni al fronte dei 25.000€ dati oggi per il riscatto degli anni di laurea???