Dallo studio emerge che il 75% di noi (3 su 4) blocca il proprio patrimonio sotto forma di depositi bancari o di risparmio (conti deposito, libretti di risparmio e conti correnti), cioè in liquidità.
Verrebbe da pensare che almeno i rendimenti di questi depositi siano realmente attraenti, ma purtroppo la realtà dimostra ben altro.
I titoli di Stato di breve termine hanno rendimenti prossimi allo zero e in alcuni casi diventano anche negativi (ossia se si vuole prestare i soldi ad un paese solido occorre pagare). Giusto per fare un esempio, nell'ultima asta Bot si è registrato un rendimento netto dello 0,15%: su 100.000€ investiti in Bot a fine anno ne vedremmo 100.150€.
Proprio in virtù di rendimenti del genere le banche non possono offrire per la liquidità tassi di interesse che si discostino in maniera importante dai rendimenti dei titoli di stato; qualora lo facessero significherebbe una dimostrazione intrinseca di difficoltà della banca stessa che andrebbe a cercare di racimolare più cash possibile strapagandolo, nascondendo delle crepe della propria sicurezza.
Quindi abbiamo capito che i rendimenti di breve termine non dovremmo neanche chiamarli rendimenti in quanto quest'ultimi non sono presenti. Inoltre 3 italiani su 4 non si stanno proteggendo dall'erosione del potere di acquisto chiamata inflazione.
Ma la cosa ancor più paradossale è che da questo report viene fuori che 3 italiani su 4 avrebbero esclusivamente esigenze di breve periodo, come se questi soldi servissero quasi sicuramente entro 1 anno ad ognuno di loro. Ovviamente non è questo il motivo per cui non investono, ma alla base di questa non scelta che porta con la massima certezza a perdere potere d'acquisto e quindi a perdere soldi, è l'assenza di pianificazione finanziaria unita ad un'ignoranza finanziaria galoppante alimentate dai bias cognitivi che fanno credere che non scegliere equivalga a non perdere, quando l'unica certezza che si ha quando si decide di non investire è quella di perdere soldi.