AVVERSIONE ALLE PERDITE E INERZIA: QUALI DANNI CREANO?

Alla fine deI 2019 in Italia, i risparmiatori detenevano 1 miliardo e 460 milioni di euro su conti correnti e conti di deposito.

La ricchezza complessiva era di 4 miliardi e 445 milioni. Quindi, il 33% della ricchezza degli italiani è allocato su asset non remunerati o al più scarsamente remunerati (visti i tassi attuali). 

Tutto questo, oltre ad essere dannoso da un punto di vista strategico (è opportuno pianificare e dar modo ai propri risparmi di non perdere potere d’acquisto, sfruttando la crescita globale), è un controsenso anche in termini letterari: il conto corrente serve per utilizzare i soldi per le spese correnti e non si tiene il 33% del proprio patrimonio per le spese correnti.

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Ma quale è il motivo per il quale i risparmiatori fanno fatica ad accettare il fatto che i soldi DEVONO essere investiti dopo un’attenta e adeguata pianificazione?

Sicuramente la scarsa alfabetizzazione finanziaria del nostro paese influisce parecchio, ma non è l’unica ragione.

Un motivo altrettanto importante è che i risparmiatori e gli investitori sono avversi al rischio. Odiano perdere e le perdite SEMBRANO sempre più grandi dei guadagni.


Alcuni studi hanno dimostrato che per accettare una perdita potenziale di 100€, le persone devono sapere di poterne guadagnare almeno 200€.
Questo da un punto di vista matematico è assolutamente irragionevole.
Quindi, il livello di rischio accettato per gli investimenti non è sufficiente ad ottimizzarne il rendimento.


Tale avversione genera un’altra forza potente che è l’inerzia, ossia la tendenza a privilegiare lo stato in cui ci troviamo anche quando Il cambiamento sarebbe più vantaggioso e profittevole. Ergo tenere i soldi sul conto corrente. 

In conclusione, è l’inerzia che di anno in anno fa sì che, chi lascia i soldi sul conto corrente perda costantemente ed esponenzialmente potere di acquisto e ricchezza.